#18 Musicoterapia in team: si può?

Eccolo eccolo. Ciao a tutti, ciao a tutte. Io sono Paolo Caneva e state ascoltando leggero sulla via della musicoterapia… un podcast dedicato appunto alla musicoterapia.  Oggi è martedì 05 maggio e in questa 18 puntata come già suggerisce il titolo condividerò con voi a voce altra alcune riflessioni sul “fare” questo mestiere da soli o in compagnia. E’ piuttosto frequente quando si parla tra addetti ai lavori confrontare vantaggi e svantaggi offerti dall’incontro di musicoterapia individuale piuttosto che gruppale. Vuoi per necessità, per scelta, per predisposizione o per “coincidenze della vita” uno si trova a fare un po’ di uno e dell’altro o a specializzarsi su una delle due modalità. Nel mio caso per esempio faccio esclusivamente musicoterapia a gruppi di persone. Meno frequente ma comunque presente nei “discorsi” tra colleghi è l’argomento coppia terapeutica piuttosto che singolo professionista. In letteratura abbiamo precedenti illustri che hanno testimoniato la validità di un “modello” piuttosto che dell’altro.  Relativamente al lavoro con un collega tutti conosciamo l’esempio di Paul Nordoff e Clive Robbins il primo pianista e compositore americano il secondo educatore inglese che diedero vita al metodo di musicoterapica creativa; lo stesso si può dire di Rolando Benenzon che spesso considera la presenza del co-terapeuta nei suoi incontri ma senza andare così lontano nel nostro Paese possiamo ispirarci allo “stile” di Giulia Cremaschi Trovesi che prevede un operatore che suona ed un altro sopra il coperchio del pianoforte a coda in una interazione sia sonora che fisica con il piccolo paziente. Sempre a livello di indicazioni e possibilità descritte o raccontate in letteratura non mancano poi continui “richiami” alla natura interdisciplinare del nostro lavoro che ci vede spessissimo interagire con professionisti di altre discipline in un’ottica di ottimizzazione del percorso terapeutico.  Fin qui tutto chiaro, già visto e discusso. Quello che sto pensando io però è un’altra cosa. Come mai, in nessuna definizione di musicoterapia che io conosca (non so voi) quando si definisce il soggetto agente (il “chi” del “chi fa cosa) non mi è mai capitato di leggere “la musicoterapia è un processo bla bla bla dove un un operatore o un gruppo di operatori adeguatamente formati ecc… ecc…)? E guardate che di definizioni di musicoterapia Kenneth Bruscia nella terza edizione del suo volume ne ha raccolte ben 102. Certo lo so cosa state pensando…Paolo svegliati!!!!! ma che dobbiamo pure spiegartelo? Non ti bastano 102 definizioni? in che mondo vivi? è un problema economico!!!!!!!!! già fatichiamo a farci pagare in uno…in due sono dolori…figurati in un gruppo…in una squadra…in un team…o com’è che si dice in musica?…una band…un’orchestra?…un coro?…ma pensa te che strano… Giusto per intenderci…nei modelli di musicoterapia orchestrale questa cosa è quasi scontata…ma perché solo lì? Come mai per dei musicisti che fin dall’inizio sono educati alla musica d’insieme, all’interplay non è mai passato per la testa di mettere in discussione il lavoro individuale quando facciamo musicoterapia? Perché non sentiamo l’esigenza di muoverci come una “compagnia”? Perché la community deve per forza rappresentare solo il destinatario del nostro fare musicoterapia e non può essere il “soggetto agente”? E’  davvero solo una questione di soldi? In questi giorni molti di noi hanno sperimentato oltre all’allontanamento professionale dai loro contesti lavorativi abituali e dai loro pazienti molti di noi dicevo hanno sperimentato anche un isolamento professionale e umano…lavorare da soli forse garantisce (forse) guadagni superiori ma a quale prezzo?  Come mai in Italia (sempre per quello che so io) esistono solo due cooperative di musicoterapia?  Il mondo delle altre professioni che si occupano di relazione d’aiuto ci “ruba” terminologia e metafore per indicare processi virtuosi di collaborazione (armonizzazione, sintonizzazione, timing, sincronicità) e noi che li “abitiamo” preferiamo parlare di setting, gabinetto terapeutico, studio, incontro, seduta… a quanto abbiamo rinunciato per ottenere una pacca sulla spalla dalla medicina, dalla psicoterapia, per entrare o sperare di entrare nel mondo dei “camici bianchi” senza renderci conto che loro pagherebbero chissà che per poter “giocare “come lavoro. Io mi fermo qui. Noi ci sentiamo martedì 12 maggio con una puntata dove proverò a condividere con voi riflessioni sul tema “Musicoterapia e formazione: natura o cultura?” Come sempre vi ricordo che potete commentare questo podcast sulla mia pagina Facebook di Musicoterapiadaguardare, e mi raccomando.. spargete la voce… Ciaooooo

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