#35 Tre, due, uno …via! L’inizio in musicoterapia

Eccolo eccolo. Ciao a tutti, ciao a tutte. Io sono Paolo Caneva e state ascoltando leggero sulla via della musicoterapia… un podcast dedicato appunto alla musicoterapia. Oggi è martedì 01 settembre. Chi ben comincia è già a metà dell’opera…lo conoscete tutti questo detto giusto? Ve lo chiedo perché oggi in questa 35 puntata parleremo proprio di iniziii….si…avete capito giusto: voi come iniziate il vostro incontro di musicoterapia? Credo siamo tutti d’accordo sul fatto che poter pensare di dare una risposta unica e buona per tutti è una chimera. Le variabili che entrano in gioco in questa fase del processo relazionale in musicoterapia sono davvero tantissime…prima fra tutte credo possiamo nominare la “cornice metodologica di riferimento”…l e coordinate cioè che rappresentano i confini di ciò che ognuno di noi intende per musicoterapia, prassi, metodo ma anche più in generale salute, cura, musica, suono e così via… Tutto questo di solito lo acquisiamo più o meno consapevolmente durante il periodo di formazione e tirocinio….lo ereditiamo dagli insegnanti che incontriamo e che decidiamo di prendere come “maestri”…mi verrebbe da generalizzare affermando che per tutti, almeno agli inizi della nostra carriera l’apertura che decideremo di adottare assomiglierà moltissimo all’apertura che abbiamo visto fare a chi ci ha introdotto a questo mestiere. Un problema che potrebbe sorgere relativamente a questo punto è l’organizzazione delle nostre scuole di musicoterapia. Se da un lato la pluralità didattica caratteristica del mondo formativo italiano rappresenta una indubbia ricchezza dall’altro può rappresentare (almeno per qualche studente) un moltiplicatore di incertezza…un eccesso di modelli!!! Provate a pensare ai vostri inizi…qual’è stato l’insegnante che vi ha “positivamente contaminato” nel connotare la vostra prassi? Nel mondo musicale (almeno quello che ho vissuto ai tempi della mia formazione pianistica) era chiaro a tutti il concetto di “maestro”: la persona che ti accompagna per un certo numero di anni e ti offre la sua conoscenza, la sua esperienza, la sua concezione interpretativa di quell’autore, di quel pezzo ecc. Quando mi sono formato in musicoterapia la modalità “di riferimento”, quella che dominava la scena senza rivali era senza dubbio la prassi benenzoniana. Non che fosse l’unica intendiamoci ma agli inizi degli anni 90 tutto ciò che “non era benenzon” era appena nato e non aveva ancora l’energia per reggere il confronto con “il metodo”. In quegli anni nessuno aveva dubbi in proposito…all’interno della stanza di musicoterapia…anzi all’interno del gabinetto di musicoterapia…era fortemente sconsigliato parlare. Unica deroga era la “parola cantata” peraltro non necessariamente strutturata nella “forma canzone” (come poi imparammo da altri maestri d’oltre oceano) e quasi mai accompagnata o sostenuta da uno strumento armonico. Era qualcosa a metà tra un recitativo senza basso continuo e una salmodia. Il razionale di sifatta prassi trova il suo avvallo teorico nella considerazione, per altro ancora dominante, che vede la musicoterapia una “ancella”, un surrogato sonoro musicale della psicoterapia, nello specifico della psicoterapia psicoanalitica e/o della psicoanalisi. Per fortuna (e questo è una mia personalissima opinione) oggi le cose non sono più così. La psicoterapia musicoterapica benenzoniana continua ad esistere e accanto ad essa possiamo scegliere altre prassi che si fondano su altri modelli e visioni del mondo…giusto per citarne una a caso la Community Music Therapy. Io adesso mi fermo qui Noi ci sentiamo martedì 08 settembre con una nuova puntata di Leggero sulla via della musicoterapia. Come sempre vi ricordo che potete commentare questo podcast sulla mia pagina Facebook di Musicoterapiadaguardare, e mi raccomando.. spargete la voce… Ciaoooo

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